Once upon a time, a girl was alone
she had many secrets to keep on her own
and even went ill while trying to hide
all of the secrets that she kept inside
And so her mother, who was worried sick,
gave her a box for secrets to keep
the girl was cured, her hearth was free
the secrets had found a place to be
But, one day, she went into a fight
with her best friend, who wasn't so bright
while trying to have the box wide open
it felt on the ground and now, it's broken
THERE
WAS
ONLY
ASH
INSIDE
IT
Schadenfreude - the stuff i like
Un blog di storie, poesie e pensieri.
Wednesday, August 29, 2018
Thursday, July 26, 2018
A toast
To all our shadows
we have seen at night
flickering on chamber's walls
by the candles light.
To all the shattered dreams
where we have felt alive
vanishing in the morning
glooming our sight
To all our masters
gone by the time
we could reach their footsteps
leaving us behind.
To all the ones that stayed
To all the ones that will come
To all that is left
To all that is gone.
we have seen at night
flickering on chamber's walls
by the candles light.
To all the shattered dreams
where we have felt alive
vanishing in the morning
glooming our sight
To all our masters
gone by the time
we could reach their footsteps
leaving us behind.
To all the ones that stayed
To all the ones that will come
To all that is left
To all that is gone.
Tuesday, July 17, 2018
Storie
Storie.
Hai presente quella sensazione di capire qualcosa? capirla davvero? O, perlomeno, di credere di averla capita? Mi è successo l' altra notte.
Stavo lasciando vagare i pensieri e, ad un tratto, ho riflettuto sul concetto di "storia", come relazione. Perché chiamarla così?
Poi ho capito.
Può capitare di ripensare a vecchie relazioni, ricordarsi alcuni momenti particolari, e pensare anche ai "se" e ai "ma". Quando però si comincia a vederle come una storia, appunto, come un' esperienza che abbiamo vissuto e che ci ha lasciato qualcosa, allora la parola ha senso.
Perché finché si rimane a rimuginare sul passato non se ne esce. Si resta intrappolati in un groviglio di emozioni e idee appassite, che portano soltanto tristezza.
Invece mi è capitato di vedere ciò che è stato come racconti. A volte sono romanzi, storie brevi, fiabe, saggi, manuali persino. Ci rimangono in mente alcuni personaggi, i protagonisti, scene che ci hanno emozionato, frammenti di un vissuto che è stato reale, ma che ora è semplicemente il ricordo di... qualcosa.
Come un buon libro che lascia il segno, esistono nella memoria.
E come tutti i libri deve avere una fine.
Hai presente quella sensazione di capire qualcosa? capirla davvero? O, perlomeno, di credere di averla capita? Mi è successo l' altra notte.
Stavo lasciando vagare i pensieri e, ad un tratto, ho riflettuto sul concetto di "storia", come relazione. Perché chiamarla così?
Poi ho capito.
Può capitare di ripensare a vecchie relazioni, ricordarsi alcuni momenti particolari, e pensare anche ai "se" e ai "ma". Quando però si comincia a vederle come una storia, appunto, come un' esperienza che abbiamo vissuto e che ci ha lasciato qualcosa, allora la parola ha senso.
Perché finché si rimane a rimuginare sul passato non se ne esce. Si resta intrappolati in un groviglio di emozioni e idee appassite, che portano soltanto tristezza.
Invece mi è capitato di vedere ciò che è stato come racconti. A volte sono romanzi, storie brevi, fiabe, saggi, manuali persino. Ci rimangono in mente alcuni personaggi, i protagonisti, scene che ci hanno emozionato, frammenti di un vissuto che è stato reale, ma che ora è semplicemente il ricordo di... qualcosa.
Come un buon libro che lascia il segno, esistono nella memoria.
E come tutti i libri deve avere una fine.
Saturday, July 7, 2018
La bambina e l'uovo che danzava
C'era una volta, in una capanna in mezzo al bosco, una bambina di nome Ila.
Viveva da sola, con sua madre, tra quelle poche assi di legno messe assieme dal padre, poco prima che morisse.
Non avevano molti soldi, la madre doveva uscire ogni giorno a svolgere i lavori più disparati per portare a casa qualcosa da mangiare. Non c'era praticamente nessuno nei dintorni, così Ila passava le giornate a casa, sola, senza avere nulla da fare.
Un giorno però, la madre tornò a casa prima del solito, tutta contenta. Portava con se un cesto pieno di uova. Le aveva ottenuta da un'anziana signora che viveva anch'essa nel bosco, in cambio di funghi e erbe trovate nei paraggi.
La madre si era anche procurata diverse tinture e decisero di passare il pomeriggio a dipingere le uova. Solo che quando Ila prese in mano il primo uovo per colorarlo, questi le saltò via dalle mani, cominciando a girare.
Era un uovo magico. Si mise a ruotare dall'inizio in maniera un po' sbilenca, saltellò a destra e a sinistra, prendendo piano piano confidenza. Eseguì piroette, salti, rotazioni e rivoluzioni. Girava con una gioia indescrivibile.
Ila, da prima stupita, cominciò a ridere e a provare tanta gioia come non ne sentiva da tempo. Rideva e applaudiva alle mosse più audaci dell'uovo. Ad un tratto prese un pennello intinto di blu e l'avvicinò all'uovo che, continuando a danzare, si riempì di colori, spirali evanescenti, linee dritte come un orizzonte, intrecci complicati che ne seguivano i movimenti. Cambiò tinture e aggiunse tratti più arzigogolati, sfumature e tratteggi che resero la danza un caleidoscopio di colori cangianti, più vivi, più intensi. Ila non era mai stata così felice.
Passarono i giorni, la madre sempre impegnata a procurarsi da mangiare, ma la bambina aveva finalmente qualcuno con cui giocare. Ogni giorno recuperava l'uovo da un piccolo giaciglio di paglia che aveva preparato sullo scaffale, giocando per ore ed ore. Aveva persino preparato un piccolo circo, con legnetti e stoffe, con il quale l'uovo poteva esibirsi in movimenti sempre più complessi ed aggraziati.
Un giorno la madre di Ila non tornò.
Turbata, uscì a cercarla fuori casa, ma non si era mai allontanata troppo, quindi non riuscì a trovarla per quel poco di bosco che conosceva.
Passarono due giorni di angoscia, sempre attenta a controllare dalla finestra che la madre tornasse. Ma non accadde.
Dopo cinque giorni Ila non si alzava più dal letto. L'uovo percepì che qualcosa non andava e scese dal suo scaffale, cosa che non aveva mai fatto prima.
Le si avvicinò e prese a danzare, ce la mise tutta, si esibì nelle danze nelle danze più complesse ed energiche che gli venivano in mente, ma nonostante ore ed ore di sforzi, non riuscì ad ottenere nulla.
Dopo dieci giorni, Ila si alzò dal letto, prese l' uovo, lo ruppe, cucinò e divorò in pochi minuti.
Viveva da sola, con sua madre, tra quelle poche assi di legno messe assieme dal padre, poco prima che morisse.
Non avevano molti soldi, la madre doveva uscire ogni giorno a svolgere i lavori più disparati per portare a casa qualcosa da mangiare. Non c'era praticamente nessuno nei dintorni, così Ila passava le giornate a casa, sola, senza avere nulla da fare.
Un giorno però, la madre tornò a casa prima del solito, tutta contenta. Portava con se un cesto pieno di uova. Le aveva ottenuta da un'anziana signora che viveva anch'essa nel bosco, in cambio di funghi e erbe trovate nei paraggi.
La madre si era anche procurata diverse tinture e decisero di passare il pomeriggio a dipingere le uova. Solo che quando Ila prese in mano il primo uovo per colorarlo, questi le saltò via dalle mani, cominciando a girare.
Era un uovo magico. Si mise a ruotare dall'inizio in maniera un po' sbilenca, saltellò a destra e a sinistra, prendendo piano piano confidenza. Eseguì piroette, salti, rotazioni e rivoluzioni. Girava con una gioia indescrivibile.
Ila, da prima stupita, cominciò a ridere e a provare tanta gioia come non ne sentiva da tempo. Rideva e applaudiva alle mosse più audaci dell'uovo. Ad un tratto prese un pennello intinto di blu e l'avvicinò all'uovo che, continuando a danzare, si riempì di colori, spirali evanescenti, linee dritte come un orizzonte, intrecci complicati che ne seguivano i movimenti. Cambiò tinture e aggiunse tratti più arzigogolati, sfumature e tratteggi che resero la danza un caleidoscopio di colori cangianti, più vivi, più intensi. Ila non era mai stata così felice.
Passarono i giorni, la madre sempre impegnata a procurarsi da mangiare, ma la bambina aveva finalmente qualcuno con cui giocare. Ogni giorno recuperava l'uovo da un piccolo giaciglio di paglia che aveva preparato sullo scaffale, giocando per ore ed ore. Aveva persino preparato un piccolo circo, con legnetti e stoffe, con il quale l'uovo poteva esibirsi in movimenti sempre più complessi ed aggraziati.
Un giorno la madre di Ila non tornò.
Turbata, uscì a cercarla fuori casa, ma non si era mai allontanata troppo, quindi non riuscì a trovarla per quel poco di bosco che conosceva.
Passarono due giorni di angoscia, sempre attenta a controllare dalla finestra che la madre tornasse. Ma non accadde.
Dopo cinque giorni Ila non si alzava più dal letto. L'uovo percepì che qualcosa non andava e scese dal suo scaffale, cosa che non aveva mai fatto prima.
Le si avvicinò e prese a danzare, ce la mise tutta, si esibì nelle danze nelle danze più complesse ed energiche che gli venivano in mente, ma nonostante ore ed ore di sforzi, non riuscì ad ottenere nulla.
Dopo dieci giorni, Ila si alzò dal letto, prese l' uovo, lo ruppe, cucinò e divorò in pochi minuti.
Tuesday, June 26, 2018
In gabbia
sbatacchia, sbatacchia,
l'uccello in gabbia
il corpo, confuso
ricolmo di rabbia
sbatacchia e non sente
il sangue colare
furioso, non vede
le piume cascare
sbatacchia con veemenza
la gabbia, in pendenza
cadendo si infrange
e le piume, sparge
racchiuso tra mura
infranto e spezzato
sbatacchia, sbatacchia
l'uccello in gabbia
l'uccello in gabbia
il corpo, confuso
ricolmo di rabbia
sbatacchia e non sente
il sangue colare
furioso, non vede
le piume cascare
sbatacchia con veemenza
la gabbia, in pendenza
cadendo si infrange
e le piume, sparge
racchiuso tra mura
infranto e spezzato
sbatacchia, sbatacchia
l'uccello in gabbia
Monday, June 18, 2018
I and I and
Sometimes you feel the need to crawl away
far from the heat of reaching Sunday
leaving nothing in your place
but ashes and dismay
and there, in the cold deliverance
reaching all your feelings, tasting
acceptance of your exsistence
sundry thoughs, will never be the same
lust is welcome, as much as hate
crippling terror, souls to deprave
corruption of the living
that loves to be insane
feeling all you are
one that is the same
revealing all the blame
I become I, again
far from the heat of reaching Sunday
leaving nothing in your place
but ashes and dismay
and there, in the cold deliverance
reaching all your feelings, tasting
acceptance of your exsistence
sundry thoughs, will never be the same
lust is welcome, as much as hate
crippling terror, souls to deprave
corruption of the living
that loves to be insane
feeling all you are
one that is the same
revealing all the blame
I become I, again
Friday, June 1, 2018
Away
All I have left to say
is that all hopes are gone away
so there's no reason to stay
tides takes off as they may
drown, slowly, gently in
hopelessness sea
no need for struggle
no need to fight
every wind will blow you away
every step will break the way
and everything you say
shall be gone in one day
now you are high in
the sky
float away, fade away
be free.
is that all hopes are gone away
so there's no reason to stay
tides takes off as they may
drown, slowly, gently in
hopelessness sea
no need for struggle
no need to fight
every wind will blow you away
every step will break the way
and everything you say
shall be gone in one day
now you are high in
the sky
float away, fade away
be free.
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