Saturday, November 4, 2017

The rat and the clock

Tic tac, sat a rat.
Down the stairs and by the clock
Waits for you, your presence lack.

Tic toc, said the clock
Do you wait for me to stop?
Don't you know she wont be back?

Snip snap, did the rat
Biting, cutting, breaking, breaching
You deserve this, little brat.

Please stop, said the clock
I'll tic no more, i will stop!
Time is fading, all is black.

No more sounds,
it sat still.
Waiting longer than before
Because now, time's no more.

Monday, April 10, 2017

Divorami

"Divorami"
Credevo di essere solo. Lo speravo. Una figura stava distesa sul letto.
Era certamente umanoide e per un gioco di luci appariva come bianca e nera.
Tra il buio della stanza e le luci della città addormentata, spaccata a metà da una linea di tutte le sfumature di grigio, le labbra ben definite sussurravano
"Divorami".
La mia mano era ancora sulla maniglia. Non mi aspettavo di rivedere questa scena. Una parte di me era già fuori, in strada, correva, mentre l'altra non poteva muoversi. Paralizzata da una paura antica ed un'attrazione sconosciuta che partiva da ogni nervo del cervello, percorreva tutto il corpo fino a mettere radici al suolo. Non sarei potuto durare a lungo, mi sarei spezzato in due.
"Divorami".
Per minuti che parvero interminabili rimanemmo lì, immobili. Solo le tende alla finestra ondeggiavano al sussurro della città morta. Quando riuscì a muovermi per voltarmi ed andarmene, mi irrigidì quando pronunciò poche parole.
"Non andartene".
Mi chiusi la porta alle spalle con un suono secco che echeggiò per il corridoio vuoto. A destra, a sinistra, nient'altro che eco e porte. Davanti a me, ai miei piedi, un biglietto. Lo raccolsi.

"Vorrei che mi amassi, solo per poterti fare del male"

Friday, August 7, 2015

We were there

I was here
and so did you
the palest ghost i'll ever know
and i was here
and you were too
the city of dust the wind can't blow
and walking here
where you walked too
i wonder if we shall meet again
just right in time
and right in space
is there a chance to be together
again?

Il canto del porto

Il canto del porto
campane di vetro
suonate dal vento
un grido nel cielo

Il gabbiano sospeso
da un filo di fiato
volteggia leggero
sul palco assolato

E libero dal tempo
con profumo di pioggia
concludon il concerto
gli applausi del mar

Friday, July 17, 2015

Duello


Era proprio un bel giardino, quello. Le alte mura di mattoni che lo circondavano davano la sensazione di trovarsi in tutt' altro luogo, che al centro di una cittadina. Il suono della strada vi giungeva attutito e il calore di quel pallido sole estivo veniva scacciato. Lasciando spazio a delle flebili correnti d'aria di insinuarvisi.
Cinque alberi sempreverdi cooperavano a fornire un' aria di fresca lontananza, assieme alla vecchia fontana di pietra coperta di muschio e abitata da pesci rossi e tartarughe.
Era su una delle quattro panchine di pietra, quella disposta tra due tronchi, che volgeva all' acqua, che sedeva sempre il secondo uomo più vecchio vivente del mondo.
Gianfranco Spingarda aveva l' abitudine di recarsi lì a riposare. La sua quotidiana passeggiata del pomeriggio si concludeva sempre a quel modo. Con il solido e usurato bastone appoggiato al proprio fianco ad osservare i pochi piccioni vagabondi giunti ad umettarsi il becco.
Sedeva in quel placido angolo del paese a godersi la pace. Ben pochi si ricordavano, o notavano, l' esistenza di questo piccolo rifugio. Ed egli era ben contento di prendersi una pausa in solitudine.
Portava con se, insolitamente, un sacchettino di carta, dall' aspetto leggero e contenente un pacchetto incartato con cura. Suonate le cinque, all' ultimo rintocco raccolse il bastone e si alzò.
Si diresse, come ogni pomeriggio, al bar situato all' angolo della piazza principale del paese, dove venne accolto con un gioviale saluto dal suo vecchio compagno, Sergio Branda. L' uomo più vecchio vivente del mondo.

"Holià! Gianfranco. Che si dice?"
"Cosa vuoi che si dica? Nulla di buono"
"Ah, hai sentito anche tu di Angelica?"
"Eh, per forza, anche lei aveva la sua bella fama"
"È davvero un gran peccato. Ma ormai abbiamo tutti una certa età"
"Mi vien da ridere a pensare che discutevamo sin dalle elementari su chi fosse più vecchio"
"Mammia mia! Quante litigate"
"Massì, cresciuti abbastanza da capire che non contava solo l' anno siamo andati benone poi"
"Ma tè la sentivi più l' Angelica?"
"Ma no. Dopo che si è trasferita che vuoi farci, ci siamo persi di vista"
"Eh ha avuto il suo gran da fare, da quando s'è presa il primato"
"Ma che presa e presa, è capitato. Come è capitato a te oramai"
"Già. Già"
"Ma quindi? È già cominciato?"
"Sì, sì. È già cominciato. che vuoi farci"
"Ma pensa, ti ho presa giusto giusto una cosa"
"Ma dai! Anche io!"
"Tiè, apri. Apri"

Gianfranco, lestamente, porse la scatolina che stava nel sacchetto di carta all' amico, che non fece quasi nemmeno in tempo ad estrarre il proprio pacchetto. Sergio, lentamente e con la mano tremante, prese il dono che gli veniva porto, lasciando il proprio sul tavolino.
Si rigirò la scatoletta tra le mani, come a saggiarne il peso. Guardò per un momento Gianfranco negli occhi e, con un sospiro, aprì.
La faccia gli divenne come di pietra e le ossa si irrigidirono. Le mani cominciarono a tremare convulsamente mentre la bocca gli si spalancava in un urlo muto. Via via più grottesco. Gli occhi avevano dimenticato come si facesse a far battere le palpebre. Il volto era sempre più inumano.
Si accasciò.
L' uomo più vecchio vivente del mondo si alzò, raccogliendo il regalo ancora incartato.Lo buttò nel cestino.
Lasciò il proprio bastone appoggiato al tavolo.

Monday, May 19, 2014

Mi sono svegliato già morto

Caduto per terra, mi sono svegliato
che sogno, che strano, mi son domandato
la testa spaccata da un nero vessillo
caduto nel fango che taccio, mi assillo
spaventato mi corro e comincio ad alzarmi
non vedo le ossa al posto di carni
inciampo, malato, caduto nel misfatto
un carro traballante mi ha gettato dal basso
testa evirata e vermi scadenti
dov'è la mia amata? dov'è, miscredenti?
io sogno e barcollo, taccio e non mollo
dov'è la mia lingua, dov'è il mio cervello?
Ma prima di trovare risposta cattiva
putrefatto piede inciampa in pietra, giuliva
ridacchia il sasso nero e smussato
la lapide di una dama, quella che ho amato?
e vedo e leggo, che frase! Che orrore!
Qui giace la dama che m'ha preso il cuore
lo sento pulsare al di sotto del suolo
malato la osservo per ore. Sorvolo.
Non noto la distesa imminente
di corpi amati caduti nel niente
che giacciono, visi sereni, addormentati
mangiati da vermi, cani, morti e malati!

Sunday, May 4, 2014

Dialogo del signor Se Stesso

"Toc toc".
"Chi è?".
"Mh?".
"Ho detto chi è".
"Chi è chi?".
"Tu! Hai detto toc toc, no?".
"E allora?".
"Beh di solito si bussa, si chiede chi sia, si da una risposta e si fa una battuta stupida..."
"E chi ha bussato?".
"Ma tu!".
"No, io ho detto toc toc".
"E non era l' onomatopeica per indicare il bussare?".
"Aaaah, ora capisco, chiaramente hai percepito il mio toc toc nella maniera a cui sei più abituato, sbagliando tutto il dialogo."
"E quindi il toc toc?".
"Mh?".
"A cosa si riferiva?".
"Ah, ad un bastone".
"Oh, mi scusi".
"Perché adesso mi dai del lei?".
"Beh perché pensavo...".
"Pensavi sbagliato. Credi che solo perché abbia il bastone sia vecchio o con dei problemi? Mi piace solo portarlo!".
"Con lei... te, non ci parlo più".
"Oh, mi sa che ti toccherà farlo invece".
"...".
"Guarda qui".
"Che cos'è?".
"È una fossa".
"Lo vedo anch' io che è una fossa, ma che ha di speciale?".
"È la fossa dei ricordi perduti, sia quelli dimenticati, sia quelli che hai deciso di dimenticare".
"Ma è vuota...".
"Guarda meglio!".
"...".
"Sai qual'è la differenza tra ricordi dimenticati e i ricordi che hai scelto di dimenticare?".
"Sentiamo...".
"Quelli che hai scelto di dimenticare non gli hai dimenticati".

* URLA *